martedì 22 marzo 2011
Gruppo Acqua: Oggi è la Giornata mondiale dell'acqua, un bene se...
Gruppo Acqua: Oggi è la Giornata mondiale dell'acqua, un bene se...: "Quest'anno l'attenzione è focalizzata sulla gestione delle risorse idriche negli agglomerati urbani. Circa 3,3 miliardi di persone vivono ne..."
mercoledì 2 febbraio 2011
Indagine sulla liberalizzazione del gas e dell'elettricità
![]() | Secondo un’indagine condotta dalla Camera di Commercio milanese su un campione di 1.900 imprese, quattro aziende su cinque si sono affidate al mercato libero dell’energia. Dalle analisi condotte, i settori maggiormente “liberalizzati” sarebbero quelli chimici e metallurgici rispettivamente per l’86,4% e il 91,6%. Il motivo principale della loro scelta è il vantaggio economico. Soprattutto le grandi aziende, infatti, riescono ad ottenere prezzi inferiori rispetto a quelli proposti dal mercato cosiddetto Amministrato o di Salvaguardia, grazie al loro significativo fabbisogno energetico. |
Inoltre è stato rilevato un dato interessante riguardante l’acquisto di energia da fonti rinnovabili, che probabilmente deve farci riflettere: purtroppo risultano ancora poche le aziende che, passando al libero mercato, hanno acquistato elettricità prodotta da fonti rinnovabili (solo il 3% del totale), anche se il 25% avrebbe dichiarato di essere disposto a pagare un prezzo maggiore per passare alle fonti rinnovabili, salvaguardando l’ambiente.
Infine l’analisi si è concentrata sulla qualità del servizio post-vendita offerto dai vari operatori del mercato libero. Il 46% delle aziende si dichiara, infatti, insoddisfatto del servizio ricevuto dopo la sottoscrizione del contratto. In particolare si evidenzia una scarsa chiarezza delle fatture, problematiche legate ai conguagli, tempi di risposta troppo lunghi e Servizio Clienti erogato da strutture di call center non sempre adeguatamente preparate, probabilmente per gli elevati turn-over degli operatori.
In sintesi si evince che le imprese si reputano soddisfatte del libero mercato per il vantaggio economico che ne traggono, ma vorrebbero trovare un fornitore in grado di garantire un servizio efficiente e di qualità anche nella fase di post-vendita.
giovedì 20 gennaio 2011
Eco Commercialista: L’energia prodotta da fonti rinnovabili è soggetta...
Eco Commercialista: L’energia prodotta da fonti rinnovabili è soggetta...: "La tariffa fissa omnicomprensiva riconosciuta ai produttori di energia da fonti rinnovabili è soggetta a IVA se percepita da un soggetto che..."
Eco Commercialista: L’energia prodotta da fonti rinnovabili è soggetta...
Eco Commercialista: L’energia prodotta da fonti rinnovabili è soggetta...: "La tariffa fissa omnicomprensiva riconosciuta ai produttori di energia da fonti rinnovabili è soggetta a IVA se percepita da un soggetto che..."
mercoledì 19 gennaio 2011
Rapporto Istat - Le imprese spendono meno per prevenire l’inquinamento
La spesa delle aziende per tecnologie green, in grado di abbattere alla fonte l’inquinamento, resta al palo. Anche nel 2008 “le imprese industriali hanno realizzato soprattutto investimenti atti a rimuovere l’inquinamento dopo che questo è stato prodotto, piuttosto che integrare i propri impianti con tecnologie più pulite, che contribuiscono a rimuovere alla fonte l’inquinamento generato dal processo produttivo’’. Così l’Istat spiega l’andamento degli investimenti delle imprese industriali per la protezione dell’ambiente, nel rapporto messo a punto dallo stesso istituto per l’anno 2008. Inoltre, ricorda che la spesa complessiva per l’ambiente delle imprese dell’industria in senso stretto è risultata pari a 1,853 miliardi di euro, di cui 1,464 miliardi (79% del totale) per gli investimenti in impianti e attrezzature di tipo “end-of-pipe”, ovvero per l’abbattimento dell’inquinamento dopo che questo è stato generato, e 389 milioni di euro (21%) per quelli in impianti e attrezzature a tecnologia integrata, che prevengono o riducono alla fonte i danni per l’aria di un processo produttivo.
L’incidenza degli investimenti per l’ambiente sul totale degli investimenti fissi lordi realizzati dalle imprese è così pari al 3,8%, sintetizza il rapporto.
Fonte
L’incidenza degli investimenti per l’ambiente sul totale degli investimenti fissi lordi realizzati dalle imprese è così pari al 3,8%, sintetizza il rapporto.
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venerdì 10 dicembre 2010
Distributori automatici di latte per uno sviluppo sostenibile
Distributori automatici per la vendita diretta di latte appena munto. Se ne parlerà domani alle 17,30 presso la Sala degli Specchi (Palazzo Vivarelli Colonna- via Ghibellina 30)durante uno degli appunti del ciclo "Se non ora quando? Un mondo diverso comincia adesso" organizzati dall'assessorato ai nuovi stili di vita insieme allo Sportello Eco Equo. "La spinta ad organizzare questa iniziativa - ha spiegato l'assessore alla partecipazione democratica e ai nuovi stili di vita Cristina Bevilacqua- è nata dalla raccolta di firme per chiedere l'installazione a Firenze di distributori di latte promossa da alcuni gruppi di acquisto solidale (GAS) fiorentini che ha registrato oltre 1000 adesioni e dall'interesse espresso dalle associazioni agricole dei consumatori".
Il tema dei distributori automatici di latte appena munto è molto sentito e va nella direzione del consumo consapevole e della sostenibilità ambientale. Un'iniziativa del genere infatti produrrebbe meno imballaggi, diminuirebbe i trasporti e le conseguenti emissioni di CO2 incentivando l'accesso a un prodotto di alta qualità na un prezzo contenuto. All'incontro di domani parteciperanno oltre agli assessori Cristina Bevilacqua e Silvano Gori, il presidente della Centrale del Latte Paolo Bambagioni, Maurizio Mazzariol di Aiab Toscana, il presidente della Comunità Montana Mugello Stefano Tagliaferri, il presidente di Coldiretti Firenze Roberto Nocentini, il direttore produttori latte terre del Granducato Andrea Cavaciocchi, Massimo Bani dell'associazione Eticamente, Francesco Miari Fulcis, presidente Unione provinciale degli agricoltori di Firenze, Sandro Piccini presidente confederazione italiana agricoltori di Firenze, Pietro Roselli assessore all'agricoltura , caccia e pesca della Provincia.
Fonte
Il tema dei distributori automatici di latte appena munto è molto sentito e va nella direzione del consumo consapevole e della sostenibilità ambientale. Un'iniziativa del genere infatti produrrebbe meno imballaggi, diminuirebbe i trasporti e le conseguenti emissioni di CO2 incentivando l'accesso a un prodotto di alta qualità na un prezzo contenuto. All'incontro di domani parteciperanno oltre agli assessori Cristina Bevilacqua e Silvano Gori, il presidente della Centrale del Latte Paolo Bambagioni, Maurizio Mazzariol di Aiab Toscana, il presidente della Comunità Montana Mugello Stefano Tagliaferri, il presidente di Coldiretti Firenze Roberto Nocentini, il direttore produttori latte terre del Granducato Andrea Cavaciocchi, Massimo Bani dell'associazione Eticamente, Francesco Miari Fulcis, presidente Unione provinciale degli agricoltori di Firenze, Sandro Piccini presidente confederazione italiana agricoltori di Firenze, Pietro Roselli assessore all'agricoltura , caccia e pesca della Provincia.
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mercoledì 10 novembre 2010
Verso la bioimpresa? Capire l'azienda come sistema vivente per gestire il cambiamento organizzativo
Dove sta, se esiste, il confine tra vita e non-vita? È una domanda che negli ultimi decenni la riflessione scientifica e filosofica ha continuato a porsi, lontano dai clamori mediatici. Arrivando a conclusioni nuove e, in parte, sorprendenti. Una di esse è che se esiste un limite che interessa più le scienze naturali – tra materia inanimata e materia vivente – ne esiste anche uno, più sfumato, che interessa le scienze umane. È il limite tra le forme biologiche e quelle che tendono a comportarsi come tali, le strutture sociali.
In che misura queste ultime possono considerarsi davvero “viventi”? È solo una metafora, oppure, in quanto macrorganismi formati da viventi, le strutture sociali e le organizzazioni vanno considerate in qualche misura letteralmente viventi anch’esse? A partire dagli anni Novanta si è delineato un nuovo orizzonte concettuale che tende a unificare la comprensione dei fenomeni biologici e sociali ponendo in continuità i due limiti, per così dire, inferiore e superiore: un approccio sistemico che nasce dalla comprensione sempre più approfondita dei meccanismi della vita acquisita dalla biologia a partire da quegli anni.
In particolare, l’osservazione fa tramontare definitivamente l’identificazione del vivente con il dna: secondo un’intuizione chiave che si esprime nella teoria delle “strutture autopoietiche” di Humberto Maturana e Francisco Varela, le forme e le funzioni biologiche non sono determinate da un programma genetico, ma sono proprietà che emergono dall’intera rete.
È nella dinamica dei continui flussi di materia ed energia che si trova la caratteristica base dei sistemi viventi, che per questo da Ilya Prigogine definisce strutture dissipative. In particolare, la dinamica delle strutture dissipative include lo spontaneo emergere di nuove forme di ordine. In altri termini, la creatività – la generazione di nuove forme – è una proprietà chiave di tutti i sistemi viventi.
Proprietà che emergono dalla rete, flussi di materia ed energia, emergere di forme d’ordine, creatività: tutte caratteristiche che potremmo agevolmente attribuire anche ai sistemi sociali, quindi anche alle organizzazioni, aziende incluse. Tuttavia, affinché il parallelo possa andare oltre il limite dell’analogia manca ancora un tassello decisivo. Il progresso introdotto dalla visione sistemica è abbandonare la concezione cartesiana della “cosa” (il dna) per comprendere la vita essenzialmente come “processo” (l’autopoiesi): in questa visione trova collocazione coerente una concezione anche della mente come processo.
L’idea dei processi mentali era già stata sviluppata da Gregory Bateson negli anni Sessanta, ma la cosiddetta teoria di Santiago della cognizione, sviluppata da Maturana e Varela, si spinge molto oltre. L’intuizione centrale della teoria di Santiago è che la cognizione è l’attività dispiegata dalle reti viventi nei processi di autogenerazione e autoconservazione. In altre parole, il processo stesso della vita è un processo cognitivo: secondo la teoria dell’autopoiesi, un sistema vivente mantiene con il proprio ambiente interazioni ricorrenti, ciascuna delle quali innesca cambiamenti strutturali all’interno del sistema i quali, a loro volta, modificheranno il suo comportamento nelle interazioni future. Un sistema vivente è, insomma, un sistema che “impara”.
È evidente però che questo non è sufficiente per trasferire le nostre conoscenze della struttura materiale delle reti dal dominio biologico a quello sociale. Qui i nodi e i collegamenti della rete non sono più realtà puramente biochimiche. Le reti sociali sono innanzitutto reti di comunicazioni nelle quali entrano in gioco linguaggi simbolici, condizionamenti culturali, relazioni di potere e così via. Un orizzonte sistemico unificato per la comprensione dei fenomeni biologici e sociali può emergere soltanto sintetizzando i concetti della dinamica non lineare (in sostanza, le teorie della complessità) con questi diversi ambiti disciplinari.
Per riassumere questi ultimi aspetti in una prospettiva unitaria, possiamo dire che l’elemento centrale che distingue una rete sociale da una rete biologica è che la rete sociale ha un significato. Questo implica però una duplice natura delle organizzazioni umane. Da un lato, infatti, esse sono istituzioni sociali progettate per scopi specifici. Nel caso di un’azienda, per esempio, produrre valore per gli azionisti. Allo stesso tempo, esse sono comunità di persone che interagiscono l’una con l’altra costruendo relazioni, dando alle proprie attività un significato anche personale.
Un approccio innovativo per risolvere le problematiche del cambiamento organizzativo potrebbe risiedere nel comprendere i processi naturali di cambiamento che si realizzano in ogni sistema vivente. Comprendere le organizzazioni umane in termini di sistemi viventi – ossia in termini di reti complesse non lineari, come gli ecosistemi – può aiutarci a intuire più chiaramente la natura della complessità dell’odierno ambiente economico.
“I principi di organizzazione degli ecosistemi... sono identici ai principi dell’organizzazione di tutti i sistemi viventi” scrive Fritjof Capra in The Hidden Connections (2002, trad. it. La scienza della vita, Milano, Rizzoli, 2004). “Sembrerebbe quindi che la comprensione delle organizzazioni umane come sistemi viventi sia una delle sfide cruciali del nostro tempo”.
Uno dei principali ostacoli al cambiamento organizzativo è la concezione meccanicistica dell’azienda che ancora permea, spesso inconsciamente, i manager: la metafora della macchina non lascia spazio all’adattamento flessibile, all’apprendimento e all’evoluzione. Ciò che conta non è sapere se la “azienda vivente” sia solo un’utile metafora, o se invece le organizzazioni siano realmente dei sistemi viventi. Ciò che conta è che i manager imparino a pensare alle loro aziende come se si trattasse di esseri viventi. E gestirle di conseguenza, lasciando spazio a quella capacità generativa e creativa che è caratteristica intrinseca del vivente.
In che misura queste ultime possono considerarsi davvero “viventi”? È solo una metafora, oppure, in quanto macrorganismi formati da viventi, le strutture sociali e le organizzazioni vanno considerate in qualche misura letteralmente viventi anch’esse? A partire dagli anni Novanta si è delineato un nuovo orizzonte concettuale che tende a unificare la comprensione dei fenomeni biologici e sociali ponendo in continuità i due limiti, per così dire, inferiore e superiore: un approccio sistemico che nasce dalla comprensione sempre più approfondita dei meccanismi della vita acquisita dalla biologia a partire da quegli anni.
In particolare, l’osservazione fa tramontare definitivamente l’identificazione del vivente con il dna: secondo un’intuizione chiave che si esprime nella teoria delle “strutture autopoietiche” di Humberto Maturana e Francisco Varela, le forme e le funzioni biologiche non sono determinate da un programma genetico, ma sono proprietà che emergono dall’intera rete.
È nella dinamica dei continui flussi di materia ed energia che si trova la caratteristica base dei sistemi viventi, che per questo da Ilya Prigogine definisce strutture dissipative. In particolare, la dinamica delle strutture dissipative include lo spontaneo emergere di nuove forme di ordine. In altri termini, la creatività – la generazione di nuove forme – è una proprietà chiave di tutti i sistemi viventi.
Proprietà che emergono dalla rete, flussi di materia ed energia, emergere di forme d’ordine, creatività: tutte caratteristiche che potremmo agevolmente attribuire anche ai sistemi sociali, quindi anche alle organizzazioni, aziende incluse. Tuttavia, affinché il parallelo possa andare oltre il limite dell’analogia manca ancora un tassello decisivo. Il progresso introdotto dalla visione sistemica è abbandonare la concezione cartesiana della “cosa” (il dna) per comprendere la vita essenzialmente come “processo” (l’autopoiesi): in questa visione trova collocazione coerente una concezione anche della mente come processo.
L’idea dei processi mentali era già stata sviluppata da Gregory Bateson negli anni Sessanta, ma la cosiddetta teoria di Santiago della cognizione, sviluppata da Maturana e Varela, si spinge molto oltre. L’intuizione centrale della teoria di Santiago è che la cognizione è l’attività dispiegata dalle reti viventi nei processi di autogenerazione e autoconservazione. In altre parole, il processo stesso della vita è un processo cognitivo: secondo la teoria dell’autopoiesi, un sistema vivente mantiene con il proprio ambiente interazioni ricorrenti, ciascuna delle quali innesca cambiamenti strutturali all’interno del sistema i quali, a loro volta, modificheranno il suo comportamento nelle interazioni future. Un sistema vivente è, insomma, un sistema che “impara”.
È evidente però che questo non è sufficiente per trasferire le nostre conoscenze della struttura materiale delle reti dal dominio biologico a quello sociale. Qui i nodi e i collegamenti della rete non sono più realtà puramente biochimiche. Le reti sociali sono innanzitutto reti di comunicazioni nelle quali entrano in gioco linguaggi simbolici, condizionamenti culturali, relazioni di potere e così via. Un orizzonte sistemico unificato per la comprensione dei fenomeni biologici e sociali può emergere soltanto sintetizzando i concetti della dinamica non lineare (in sostanza, le teorie della complessità) con questi diversi ambiti disciplinari.
Per riassumere questi ultimi aspetti in una prospettiva unitaria, possiamo dire che l’elemento centrale che distingue una rete sociale da una rete biologica è che la rete sociale ha un significato. Questo implica però una duplice natura delle organizzazioni umane. Da un lato, infatti, esse sono istituzioni sociali progettate per scopi specifici. Nel caso di un’azienda, per esempio, produrre valore per gli azionisti. Allo stesso tempo, esse sono comunità di persone che interagiscono l’una con l’altra costruendo relazioni, dando alle proprie attività un significato anche personale.
Un approccio innovativo per risolvere le problematiche del cambiamento organizzativo potrebbe risiedere nel comprendere i processi naturali di cambiamento che si realizzano in ogni sistema vivente. Comprendere le organizzazioni umane in termini di sistemi viventi – ossia in termini di reti complesse non lineari, come gli ecosistemi – può aiutarci a intuire più chiaramente la natura della complessità dell’odierno ambiente economico.
“I principi di organizzazione degli ecosistemi... sono identici ai principi dell’organizzazione di tutti i sistemi viventi” scrive Fritjof Capra in The Hidden Connections (2002, trad. it. La scienza della vita, Milano, Rizzoli, 2004). “Sembrerebbe quindi che la comprensione delle organizzazioni umane come sistemi viventi sia una delle sfide cruciali del nostro tempo”.
Uno dei principali ostacoli al cambiamento organizzativo è la concezione meccanicistica dell’azienda che ancora permea, spesso inconsciamente, i manager: la metafora della macchina non lascia spazio all’adattamento flessibile, all’apprendimento e all’evoluzione. Ciò che conta non è sapere se la “azienda vivente” sia solo un’utile metafora, o se invece le organizzazioni siano realmente dei sistemi viventi. Ciò che conta è che i manager imparino a pensare alle loro aziende come se si trattasse di esseri viventi. E gestirle di conseguenza, lasciando spazio a quella capacità generativa e creativa che è caratteristica intrinseca del vivente.
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